Un viaggio per la nuova vita

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    La mia waifu ha bisogno di più attenzioni. No, a dir la verità è stata una cosa molto improvvisata nella pausa dalla precedente Fanfiction, "I lost my way". So, dell'idea devo ringraziare Beth; era stata lei a suggerirmi un'idea simile ~ Vediamo, in teoria la storia è ambientata nel periodo Edo. Ma ci sono cose che forse "modernizzerò" un po'. Ma magari anche no. Credo - forse - che sarà una fanfiction abbastanza breve. Spero l'apprezzerete!

    Capitolo 1 - Solo lontani ricordi


    Guardai la distesa nera davanti a me. S'increspava, la luna argentea vi risplendeva sopra, distorcendo la sua immagine. Alzai gli occhi. Un'altra distesa nera. Lì, la vera luna, custode della notte e dei sogni. Piccoli diamanti brillavano con lei. Silenzio. Ero abituata ormai a quel silenzio malinconico. Non avvistavo nulla da settimane. Credevo che nemmeno quella sera sarei riuscita a vedere nulla; mi misi comoda sullo scoglio sul quale stavo seduta ormai da tanti anni. La catena che mi avvolgeva la gamba e s'incarnava tintinnò. Faceva male. Poggiai l'altro piede nell'acqua, facendolo oscillare. Rivolsi lo sguardo all'orizzonte: non distinguevo dove finiva il mare, né dove cominciava il cielo. Un freddo vento spirò. Sussurrava qualcosa. Sussurrava storie che venivano da lontano, oltre quell'ignoto orizzonte. Raccontava le persone, le loro giornate. Era breve, ma pieno di storie intense. Forse, avrei potuto essere anche io oltre quell'orizzonte. Una nuova vita... Era tutto ciò che volevo. La mia si era interrotta troppo bruscamente. Si era interrotta nel momento della fioritura, nella giovinezza. Strinsi il mestolo di legno che tenevo in mano, e lo immersi nella distesa nera gelida, facendo ricadere subito l'acqua. Guardai ancora intorno. Nulla. Era in notti come quelle che la solitudine si faceva sentire tanto forte e pesante, che mi veniva da piangere. Cosa avevo? Nulla. Immobile. Non avevo nemmeno la capacità di muovermi. Le mie lacrime cadettero nell'oceano. Avevo ancora i ricordi della mia breve vita. Solo quelli, ma non valevano quasi niente. La notte mi metteva solo angoscia, e mi faceva stare male. Volevo che passasse. La notte era solo un brutto sogno. Non potevo evitarla, non potevo sconfiggerla. Dovevo ignorarla in qualche modo, almeno.

    Mi ricordava molto la notte prima di imbarcarmi verso il viaggio della mia condanna e della mia fine. Era stata una notte agitata. Ricordo che ero nel mio letto, mi agitavo, soffocata dal caldo delle coperte pesantissime. La stufa aveva scaldato fin troppo la stanza. Era inverno, un gelido e interminabile inverno. Anche se il sole di giorno splendeva, era di ghiaccio. Volsi lo sguardo alla porta chiusa. Sudavo. Passai la notte a pensare come sarebbe stata la Cina. Vivevo a Nagasaki. Lo ricordo bene. Come poteva essere? Tutt'ora me lo domando. Com'è la Cina? La mia domanda è rimasta sospesa senza risposta, come una libellula. Ogni tanto ci penso ancora, anche se non mi piace. Nonostante la fatica, mi addormentai, vinta dal sonno. Il giorno arrivò silenzioso, la luce del sole di ghiaccio riempì la mia stanza, penetrando i vetri opachi. Sentii chiamare il mio nome dal fondo delle scale. Era mia madre. Aprì la porta, e mi chiamò ancora. Ancora assonnata, aprii un occhio, guardando la sua immagine sfuocata. "Su, alzati. E preparati. Non possiamo permetterci di perdere la partenza." E se ne andò, lasciando aperta la porta. L'odore del caffè invase subito la mia stanza. Alzai le coperte, poggiai un piede a terra. Gelido. Guardai le valige vicino alla porta. Poi la piccola toeletta nera dallo specchio macchiato e vecchio. Mi alzai, presi il vestito; un corpetto nero, una camicia bianca e una gonna lunga fino alle ginocchia blu, ricamata e con dei pizzetti. Presi poi un piccolo basco azzurro. Rimasi a guardarlo un attimo, persa nei pensieri e nei ricordi. Me lo aveva regalato mia nonna. E lei ora non c'era più. Io sarei partita per la Cina, lontana da lei. Lontano da tutti coloro che avevo amato. Li avrei lasciati lì. I ricordi, gli odori. Tutto. Doveva iniziare la mia nuova vita, aldilà del mare. Oltre l'orizzonte. Ora, non ricordo più nemmeno come si chiamavano. Ho perso anche i loro nomi. Mia nonna alla quale avevo voluto tanto bene.... come si chiamava? Mamma, te lo ricordi? Nemmeno tu sei qui. Quanto vorrei avere ancora qualcuno. Mamma, dove sei andata tu? Ricordo quando mi sistemasti i capelli prima di uscire. E al porto, ricordi? La tua valigia pesava molto. Quanto eri felice di andare via. Ma per me, non era così. La nave era attraccata. Una cocca dall'aspetto vecchio, fatiscente. La vela bianca era chiusa. Io e mia madre non eravamo benestanti, non potevamo permetterci un viaggio. Tuttavia, il capitano della nave era un cugino di mia madre e così le fece un favore. Un viaggio gratis. Un viaggio per la nuova vita. Mi guardai intorno. Marinai che si affrettavano a salire. Mia mamma mi prese la mano e mi portò verso la nave. Non volevo salire. Non volevo andarmene. "Minamitsu! Muoviti." Disse salendo a bordo. La valigia pesava. Mi fermai di nuovo. Guardai dietro di me, poi l'oceano. Sospirai, addolorata. E con forza, alzai la valigia e salii a bordo. Mia mamma stava discutendo e ridendo con suo cugino. Lui, nel notarmi alzò un braccio muscoloso agitandolo per salutarmi. Sorrisi, mi avvicinai. "Guarda come sei cresciuta!" E mi diede una pacca sulla spalla, notando la mia faccia un po' perplessa. "Che succede, va tutto bene?" scossi la testa e sorrisi "Sì, sì. È tutto a posto." Abbassai gli occhi. Ero brava a mascherare il dolore. "Sei felice di partire?" Avrei voluto gridare. No. Non ero felice. No. Non volevo partire. Non avrei dovuto. Tuttavia guardai il parapetto, rispondendo un "sì" distratto. Rise sonoramente. "Bene, bene. Potete pure portare i bagagli nella stiva. C'è una stanzetta solo per voi." Disse indicando la porta. Se ne andò a dare le istruzioni ai suoi marinai. Mamma, ricordi quanto gridava? Era insopportabile.

    Edited by ~ Ømega - 20/5/2013, 14:13
     
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  2. Youmu~
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    A quando il capitolo II?
    No, perché son curioso di sapere come continua. :asd:
     
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    Finalmentehaicommentatomaledetto

    Meh, forse entro domani è pronto ~
     
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    E bò, ho finito anche il capitolo di questa. Ok, sono in super ritardo sparato </3

    Capitolo 2 - Partenza



    Mia madre si girò verso di me di scatto, spostando di lato i capelli poco lunghi, mossi, e neri, come un'onda di petrolio. Fece cenno con i due zaffiri negli occhi di seguirla. Per tutto il tragitto guardai la banchina, oltre il parapetto scrostato. La mia ultima terraferma. L'albero maestro dalla grande vela bianca chiusa s'imponeva alto su di noi. Lo guardavo affascinata dal basso. Come se la sua punta potesse toccare il cielo, superarlo. E passavo lo sguardo sui nodi delle spesse e forti corde che chiudevano la vela un po' rovinata. "Cosa ne dici?" Disse mia mamma mentre cercava la nostra stanza per un lungo e stretto corridoio. Il legno scricchiolava. Pareva dovesse cedere sotto i miei piedi da un momento all'altro. "Riguardo a cosa...?" bisbigliai distrattamente mentre guardavo le righe nel legno. Si fermò e lo notai giusto in tempo per non sbatterci contro. "Di Ugome?" disse secca lei. Cosa dovevo pensare di suo cugino? Era una domanda stupida. "Perché mi fai questa domanda?" la guardai dritta negli occhi, alla ricerca di una risposta in quei due piccoli oceani. "Prima, sul ponte... Hai risposto con un tono strano." Feci un cenno con la mano. "Non è niente. Ero solo persa... Stavo guardando l'oceano. Tutto qui." Mi guardò da testa a piedi e diede uno scossone alla sua valigia prima di voltarsi. Socchiusi gli occhi; L'ultima porta, la più scrostata era la nostra. Piccola, e polverosa. Lì il legno scricchiolava ancora di più. Due amache pendevano dalle pareti opposte. Me l'aspettavo. Insomma, era già tanto il viaggio gratis. Non potevo di certo aspettarmi chissà quale lusso, contando anche il tipo di nave su cui ero. Il legno continuava a scricchiolare pericolosamente, il suono mi continuava a ronzare nelle orecchie fastidiosamente. Poggiai la valigia in un angolo e andai verso l'oblò. La luce filtrava a fatica, se non poco e nulla. Mia mamma poggiò la valigia davanti alla sua amaca e rimase sulla porta qualche attimo. Stava cercando qualcosa da dirmi. Volevo solo che stesse zitta. Ogni singola parola m'infastidiva atrocemente. "Vado su. Vieni anche tu.. dopo." Sibilo, persa ancora fra i pensieri poco prima di sparire. Mi misi in punta di piedi e scrutai fuori dall'oblò. Un silenzio tombale, come se tutto, fosse rimasto sospeso nell'aria, a galleggiare fra un timore e l'altro. Era così calma quella distesa infinita blu, come i miei occhi. E quelli di mia madre. Uno scossone, mi riportò con i piedi su quel legno insicuro. Il cuore a mille dalla paura, mi poggiai contro il legno della parete a guardare il pavimento. "Cos'è stato...?" bisbigliai con voce ancora scossa dalla paura. Mi affrettai a uscire dalla cabina. Davanti a me, un lungo corridoio nero, infinito. Solo allora me ne accorsi di quanto era lungo. Strusciai la mano sulla parete fino alle scale, le salii alla svelta. Il sole mi accecò. Mi guardai intorno. Mia madre poggiata al parapetto. Dall'altra parte della nave, i marinai stavano tirando su l'ancora. "Issate la vela!" Sbraitò Ugome addittando dei marinai al lavoro. Maestosa, si aprì. Nonostante gli anni non pareva essere granché rovinata. La nave aveva cominciato a muoversi. Corsi dall'altra parte della nave, a poppa, fermandomi contro il parapetto. La banchina, le persone, il porto,i cassoni vecchi si allontanavano. Davano un addio. Anche se ero consapevole che era il contrario. Rimasi lì, stringendo le sbarre del parapetto con forza, finché il porto non sparì completamente, lasciando posto solo a un'infinita linea ove il sole risplendeva, facendola parere una lunga distesa di diamanti. Il vento spirava, mi gelava le mani, gli zigomi, gonfiava la vela. "Non è meraviglioso?" Sussultai. Mi voltai, davanti a me, un marinaio. Capelli neri, disfatti. Occhi d'oro. Una collana al collo. Questo è ciò che mi ricordavo. Su di lui sembrava che avessi rimosso qualsiasi informazione. Credevo che dovesse avere più o meno la mia età, era sicuramente giovanissimo. "Prego?" dissi colta di sorpresa dal ragazzo. "Non è meraviglioso?" ripeté lui. "L'oceano, intendo..." Disse annuendo con la testa verso la distesa d'acqua che brillava. Rimasi in silenzio, volgendo il mio sguardo all'unisono col suo. Ero in imbarazzo. Non avevo idea di chi fosse. "Sei... la nipote del Capitano..?" disse incerto guardandomi. "Sì." dissi distaccatamente. Sorrise, forse perché gli avevo fatto sentire la mia voce. O forse perché aveva notato il mio leggero imbarazzo. "Capisco, capisco. Sei fortunata!" Mi poggiai di nuovo contro il parapetto. Volevo ignorare la sua esistenza. Ero già triste, nervosa, malinconica di mio. "Posso... sapere il tuo nome?" Era insistente. Digrignai i denti e mi voltai, spostando dei ciuffi da davanti gli occhi. "Minamitsu. Murasa, Minamitsu." Sorrise di nuovo. "Minamitsu.. è un bel nome. Il mio è Namourei." Rimase in silenzio vedendo che non dicevo più nulla. "Bè, ora torno al lavoro! Ciao!" disse andandosene. Mi era dispiaciuto, quando ci ripensai. Infondo, era solo un mio capriccio. Ma non potei dimenticare il mostro che era.

    Edited by ~ Ømega - 23/6/2013, 13:25
     
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    Dat malinconic Minamitsu <33 Continuo a dire che mi piace un sacco c: E l'aria cupa fa rendere il tutto ancora più figo-

    CITAZIONE (~ Ømega @ 22/6/2013, 13:00) 
    E passavo lo sguardo suoi nodi delle spesse e forti corde che chiudevano la vela un po' rovinata.

    sui nodi*
    Errore di battitura, ma vabbè xD

    Edited by ~Cherry - 22/6/2013, 19:43
     
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  7. Fujiwara No Mokou
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    CITAZIONE (~ Ømega @ 22/6/2013, 13:00) 
    Ma non potei dimenticare il mostro che era.

    omg cosa succederà alla povera Murasa?
     
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    CITAZIONE (Fujiwara No Mokou @ 23/6/2013, 15:23) 
    CITAZIONE (~ Ømega @ 22/6/2013, 13:00) 
    Ma non potei dimenticare il mostro che era.

    omg cosa succederà alla povera Murasa?

    Già che ci penso
    il mostro che fu*
    Consecutio temporum sks (?)
     
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7 replies since 19/5/2013, 21:56   156 views
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